Come ninfee di Monet
Il quattro luglio di parecchi (ma parecchi) anni fa mi laureavo, in una Pisa calda e ventosa.
Penso a quanto tempo è passato e penso pure che ho abbandonato l'arte, l'ho già detto tante volte, troppo presto, anche come semplice passione.
Ho scoperto altre forme di creatività.
Ho scoperto che mi piace scrivere e leggere quello che scrivono gli altri.
La vita mi ha portato verso un lavoro che faccio quasi sempre con passione e piacere e impegno, cercando di migliorarmi ogni giorno, anche se sono pasticciona e brontolona.
Gli anni universitari sono stati anni di colite e vomitate.
Di ansie notturne e paturnie oltre l'inverosimile.
Anni da Urlo di Munch.
Anni nei quali mi sono sentita come Marat, accasciata e sanguinante.
Ma sono passati.
Arrivata a Pisa a diciannove anni non sapevo cosa mi aspettasse. Non avrei creduto, ad esempio, di trovare amici veri, invece è capitato.
Avevo già le mie amicizie storiche, le mie certezze, credevo di avere il mio bagaglio emotivo da sistemare non da incrementare.
Invece ho trovato dei compagni di studio, di risate, di uscite, di piccoli viaggi. Compagni speciali, così speciali da diventare col tempo una parte di me, uno dei tanti pezzettini che mi compongono, che hanno contribuito a rendermi quella che sono.
Quando li vedo o li ricordo sono felice. Come se il tempo non fosse passato.
Ci penso e rivedo i colori dei quadri che abbiamo studiato, dei film che abbiamo visto.
Ci penso e mi sembra di risalire le scale del San Matteo, il Dipartimento di Storia dell'Arte.
Ci penso e risento il sapore della salsa tonnata nei panini che abbiamo mangiato insieme.
Ci penso e mi sovviene la mia incapacità nell'espressione orale, che per fortuna con gli anni ho migliorato, a parte l’uso smisurato degli avverbi nei vocali whatsapp.
Ognuno di loro, per me, è una ninfea di Monet, o un covone, o una cattedrale all’imbrunire: in loro vedo quella bellezza.
In tutti quegli anni vedo quella bellezza.
E fine della storia
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