Anche le fabbriche sono romantiche

Quando Ernest Solvay, nel 1861, dice ciao ciao (con la parte del corpo che vuole) al “processo Leblanc” e brevetta un nuovo procedimento capace di trasformare il cloruro di sodio in carbonato di sodio, usando il carbonato di calcio e l’ammoniaca (più o meno) inizia un po’ anche la mia storia.


Io che con la chimica non c’azzecco un cazzonulla, come con altre cose tra le quali, cito a memoria: il gioco del calcio, la danza, le verdure, la corsa, l’agnello, le palestre, gli approssimativi, i disattenti e i maleducati.


Ernest nel 1912 arriva a Rosignano, inizia a costruire la fabbrica, le case per le maestranze e altre case ancora: nasce così una nuova comunità,  che intreccia la sua storia con quella dell’antico borgo medioevale di Rosignano Marittimo. 


Nel 1919, poi, a supporto dell’attività estrattiva di Buriano, Ernest fissa un’altra “postazione” sulla sponda destra del fiume Cecina, dove nasce il paese di Ponteginori, che prende il nome dal ponte che fece costruire, tra il 1831 e il 1835 , Leopoldo Carlo Ginori Lisci, di Lorenzo e di Francesca Lisci, dalla quale, insieme alla grande fattoria di Querceto, eredita anche il cognome. 


I miei nonni hanno lavorato lì. 

I miei genitori sono nati lì e si sono innamorati lì. 

Io ho vissuto lì i primi quattro mesi nella mia vita, in una grande casa Solvay, per poi trasferirmi con loro in un’altra grande casa Solvay, a Rosignano, nella quale ho atteso Nico con babbo e mamma e nella quale ho vissuto anni bellissimi, gli anni dell’incanto, circondata dal verde delle pinete: tutte le infanzie hanno uno o più colori del cuore, quello della mia è il verde.


Perché la Solvay costruiva case, che davano vita a veri e propri villaggi. 

Diverse per tipologie e, pare brutto da dirsi, categorie sociali: le case venivano identificate con una numerazione crescente, da 1 a 9 mi pare di ricordare: più alto era il numero meno alto il tuo ruolo in fabbrica.


Comunque, al netto di tutto, rari esempi di città giardino in Italia, “città” nelle quali  il ritmo della vita era scandito dal fischio.

Vi voglio di’ che una delle domande che la mi’ mamma ha pronunciato  più volte nella vita è stata: “È fischiato?”.

(Boia che cazzo, aggiungo io).


Poi, per dire, la Solvay ha costruito teatro, scuola, ospedale.


Anche il CCS dal 1938, nel quale ancora oggi abbronzo il mio tonicissimo corpo chi pensate l’abbia costruito? Ora, il mare c’era già, ovvio, ha l’abitudine di essere  stanziale, ma tutto il resto no. 

E allora via, con la costruzione di quella romantica rotonda sul mare e il nostro disco che suona,  sotto la quale ho passato estati dopo estati dopo estati.

E via a quelle file di cabine, tra le quali vedevo spuntare Mario e sua la testa bianca  la sera dopo le cinque, in giacca e cravatta, per raggiungerci in spiaggia. 


Anche le chiese, come succedeva con  le pievi di campagna, furono erette per accompagnare la vita della fabbrica, dei suoi lavoranti e dei loro familiari.


A Ponteginori, ad esempio, tra il tra il 1930 e il 1933, venne costruita una piccola chiesa, la stessa che per anni ho visto dal terrazzo dei miei nonni.

Oscar Amadori, di Silvio, il babbo del mi’ babbo, classe 1911, partecipò a quella costruzione: ci sono fotografie che lo vedono immortalato, insieme ad altri ragazzi come lui, occhi sorridenti di ragazzi e cappellini birbanti sulle ventitré, seduti a riposo su mucchi di terra e alle loro spalle la chiesina che prende forma.  


Per non parlare della piscina, per la quale lascerei il conosciuto per lo sconosciuto e tradirei anche il CCS dal 1938, ad occhi chiusi, senza pensarci un minuto di più. 


E poi, ragazzi, i grandi giardini di quelle case, i fiori, gli alberi da frutto. 

Le strade baciate dai pini, le grandi finestre all’inglese e i vialini all’odor di pitosforo.


E poi, ancora, l’efficacia della manutenzione Solvay.


Da bimbetta credevo avessero il potere di cambiare le lampadine col pensiero. 

Oppure, che ne so, ti si rompeva una cosa, una qualsiasi, anche un’unghia, tipo, quattro secondi dopo ti ritrovavi in casa l’incaricato a ripararla. 

Poteva essere giunto a te in ogni modo possibile. 

Poteva aver attraversato i muri senza aver suonato il campanello, oppure poteva aver fatto una giravolta tipo Superman, indossato la tuta blu Solvay in meno di mezzo secondo ed esserti volato in salotto, oppure che ne so, si potevano usare anche metodi più riservati, protocolli segreti, tipo che  al bisogno strusciavi silenziosamente la lampada e, invece di Samantha la strega, t’appariva lui.


Sono una romantica, ma la mia storia inizia con una fabbrica ed è legata a doppia mandata a una fabbrica, che è quanto di meno romantico c’è.

(Se si esclude quella nella quale Zack Mayo prende in collo Paula e la porta via. Boiabene.)


Sono cresciuta a Rosignano e ho mille belle relazioni in questo posto, che è il mio posto, ma la METÀ esatta in del mio cuore appartiene a Ponteginori, il luogo di origine di entrambi i miei genitori, il luogo nel quale  dormono Mario e gran parte delle persone alle quali ho voluto bene e voglio bene.


Un luogo al quale tornerò sempre perché mi garba da mori’ la schiacciata secca che fanno al forno. 


Romantica e materiale: il carboidrato unto ha la meglio su tutto. 


E fine della storia


Commenti

  1. Anonimo07 luglio

    Grazie Elena !!! 😘

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  2. Anonimo07 luglio

    Il problema ora è che se non commentato con vostro account Google non vedo chi siete. Che va anche bene, come volete voi, altrimenti, altro modo inserire vostro nome nel commento. Baci.

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  3. Anonimo08 luglio

    Magnifico blog da leggere e rileggere e a sorpresa puo' comparire una lacrima o un sorriso...grazie Elena! Simona ( Firenze)

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  4. Anonimo09 luglio

    Uno descrizione che riporta, chi come me, ha vissuto questi luoghi in un mondo di ricordi, odori, suoni, ginocchia sbucciate, regole non scritte che fanno di un insieme di case e di persone un PAESE che potrebbe raccontare ancora tanto.
    Lisa Mannucci

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  5. Anonimo26 giugno

    Bella questa immagine di Rosignano. Mi è capitato di passare più spesso da Solvay per motivi di lavoro e mi ha sempre fatto una certa impressione q

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  6. Anonimo26 giugno

    Mi ha sempre fatto un certo effetto quella zona di case, un po' all'inglese, di Solvay. Bell'immagine. SM

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Se volete lasciare il vostro nome quando commentate sarei contenta, altrimenti non so chi siete.

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