C’è del verde al CCS
Frequento il CCS dal 1938 più o meno dal...1938, salvo piccole pause di riflessione, le stesse che si prendono i grandi amori.
Credevo di essere pronta a tutto.
Alle meduse. Alle alghe che pungono. Alla lotta per gli ombrelloni. All’esodo di massa dalla rotonda perché c’hanno da apparecchiare per un’imminente cena. Alla “sagra del vecchio” che gioca a carte. Alla pipì nel gozzo. Agli schizzi dei figlioli. Al parcheggio selvaggio (nei festivi anche al NON parcheggio). Alla voce dagli altoparlanti. Ai corpi che cambiano. Alla beach volley come se non ci fosse un domani. Ai lettini vista mare. All’intima socialità del momento docce.
A tutto.
Ma a lui lì, sdraiato a patta direttamente sulla sabbia, poco prima della battigia, in slip verde salvia chiaro, braccia e gambe aperte che l’uomo vitruviano in confronto è un Teletubbies, a lui lì non ero pronta.
Un adone impanato, Caronte sfiancato dalla spola, il Dio del mare a riposo, forse per un calo di zuccheri improvviso, d’estate lo fa.
Abitato dalla ferrea volontà di fare in modo che tutto l’universo del CCS si concentrasse lì, su quel puntino verde salvia, perché verde pisello mi pare brutto da dirsi, anche se, di fatto, c’era del verde su un pisello, quindi sarebbe più efficace, lo ammetto.
Che banalità la sdraio. Che banalità il lettino. Che banalità il pudore. Che banalità il decoro.
E sì, prima che me lo dica qualcuno, sono una vecchia rompicazzo, aspetto ferragosto per spaccarvi la minchia coi gavettoni.
E fine della storia
Commenti
Posta un commento
Se volete lasciare il vostro nome quando commentate sarei contenta, altrimenti non so chi siete.