Ma un filino d’olio bono?

Il mi marito, come tanti mariti, e forse come tante mogli, è una rottura di coglioni.
A volte più piccola, altre volte più grande, altre volte ancora, colossale.

Alcuni esempi che vi renderanno edotti.

UNO.
Ieri sera siamo stati a una festa in mezzo al nulla a cena, guidavo io, ho parcheggiato in un campo, pieno di mota, in quanto campo e in quanto campo in luogo frigido e umido.
Avrà detto cinque volte (ma io mi sono sfavata  alla prima):
Boia, ma fra tutti i posti che c’erano, dovevi parcheggiare proprio qui?
Ma qui dove, scusa? È uno sterminato campo di mota e fango, qui o tre cazzi più in là, mi spieghi, per favore, cosa cambia?
Facevo per dire.
Se facevi per dire, non dire, non è che c’è il portale per il sottosopra, è mota diodidio.

DUE.
Hai voglia di farmi un decaffeinato?
No, non ho voglia.
Dai.
Prova in un altro modo.
Elena, per favore, faresti un decaffeinato? 
Ok.
Grazie.
Prego. 
 
TRE.
Ieri sera, alla festa di cui sopra, ha comprato una latta da tre litri d’olio, ci voleva una carrozzina da neonato per portarla in giro, tanto che m’è toccato andare a depositarla in macchina attraversando mota e pericoli, perché a lui non ho avuto cuore e orecchie per chiederlo. 
Ecco, dovete sapere che una delle frasi che pronuncia, ahimè, più spesso è: “Ma un filino d’olio bono?”
Oioi.
Lo mette dappertutto, a parte forse sul gelato.
Stasera s’era tutti a tavola, era anche presto, le 21.45, ora nella quale mezza Italia già dorme sul divano, e lui fa: 
Ma un filino d’olio bono?
Volevo mori’.
Si è alzato dicendo al Giuva: “Ora mamma mi manda in culo”.

Anche veggente.

E fine della storia 

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