È pandemia
Nel muro che abbraccia il mio luogo di lavoro, un compare di Be purple ha scritto in nero: “è pandemia”.
Viviamo a fasi alterne, tutti, in uno stato di pandemia personale.
Affoghiamo nei pensieri, nelle ansie, nelle preoccupazioni, nelle paure, negli stati di agitazione, nelle arrabbiature, nelle occupazioni giornaliere che ci risucchiano e ci annebbiano il cervello come fanno i baci con la lingua, ma con meno piacere.
Ci sono forse brevi stati di grazia, durante i quali tutto questo è cancellato, trasformato in cura, come riescono a fare le persone giuste, i baci sulla fronte, o sulle ginocchia sbucciate, le parole sussurrate all’orecchio, le camminate nella natura, le risate, il naso affondato nei capelli profumati del Giova subito dopo la doccia, Livorno col sole, le birre bevute in macchina, e non importa quanto s’ingrassa, i venerdì sera, le panchine, o le scalinate, al sole, con un panino in mano.
Dovremmo sempre ricordarci che non si può vivere senza fantasia, che la decisione più saggia non è sempre quella giusta, che bisogna dire quello che si pensa e fare quello che si desidera, almeno una volta ogni tanto, se sempre o spesso non ci è possibile, sennò ci s’ammala, che la felicità è un muscolo volontario e che lo muoviamo noi, che le persone ci deludono e noi deludiamo loro, e si allontanano e ci mancano tantissimo, anche se non vorremmo, e che non andrà sempre tutto bene, perché le cose vanno come devono andare e, molto spesso, non è bene.
Infatti m’è scoppiata, di nuovo, la psoriasi.
Per ora le son garbate le gambe, poi ha detto vede un po’ su cos’altro posare la sua squamosa bellezza.
E fine della storia
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