Stai tranquilla

 Se c’è una cosa che non mi si può dire è: “Stai tranquilla”.

Più mi si dice: “Stai tranquilla” più io mi agito, per autocombustione.

È forse dall’asilo o anche da prima che “Stai tranquilla”, a me, non mi si può dire.

Chi mi conosce lo sa.

Più volentieri ditemi “Sei una zoccola”, “Boia, te non sei normale” (tanto me lo diceva anche il mi babbo, quindi) ma “Stai tranquilla”, vi prego, no.

Sono ansiosa perché la mia testa e le mie domande precorrono la vita, ipocondriaca che con la mia cronologia Google faccio impallidire Carlo Verdone e pure Woody Allen, il mi marito, quella sagoma, che mi domando perché l’avrò sposato, mi chiama “sintomo” e da bimbetta mi tastavo continuamente il polso, tante le volte il cuore avesse smesso di battermi.

Ho creduto di avere così tante malattie che ne ho perso il conto, ho cercato più parole mediche sull’enciclopedia nel salotto dei miei, da ragazzina, che spiccioli nelle tasche dei pantaloni del mi babbo.

Io credo che scacciare le nostre paure, almeno le mie, a un certo punto, resti un miraggio: credo sia più facile che da domani mi inizi a stare simpatico Carlo Conti, per dire.

Posso provare a lavorare su me stessa, sui geni responsabili della mia ansia, consapevole di quanto certi pensieri abbiano, negli anni, condizionato la mia vita.

A volte ci riesco, a volte no; anzi, le più volte no.

La speranza è di non passare al Giova questa parte “sbagliata” di me e non rompere troppo i coglioni a chi mi sta accanto.

Però, ecco, “stai tranquilla”, ditelo al budello di vostra madre.

È come far vedere rosso a un toro, la criptonite a Superman, l’aglio a un vampiro, i bachini da pesca alla mi’ mamma, 

E fine della storia 

Commenti

  1. Anonimo29 ottobre

    Non c'è una parte "sbagliata" ma è come reagiamo ad essa che cambia la percezione. Noi siamo perfettamente imperfette.

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