Ponteginori. Viaggio di ritorno.
Oggi sono stata a Ponteginori.
Il viaggio d’andata mi scivola addosso senza particolari pensieri, quello di ritorno meno.
Un po’ come quando finisce un’estate e ti porti addosso un calore che sai non durerà a lungo, come la tua abbronzatura.
Sarà perché un sacco di ricordi, anche recenti, e mancanze, anche collaudate, mi saltano dentro lo zaino senza chiedermi il permesso.
Quindi, mentre le mie orecchie sono intasate dalla mi mamma e dal mi figliolo, che non si chetano un minuto, i miei pensieri si posano, lasciandosi cullare, sulle colline che affollano la strada del rientro: a destra, a sinistra, davanti e di dietro, è tutta una collina.
Colline dolci e ostinate come i baci delle mamme.
Che poi più delle colline a me mi garbano i profili degli alberi che vi si stagliano, irti, in lontananza, come in quadro di Bruegel, che io mi ci vorrei tuffare dentro, con uno dei miei cappelli di lana.
Sembrano note musicali scritte nel cielo rosso tramonto, coriandoli tirati in aria a febbraio, bambini in fila indiana all’uscita della scuola, le candeline su una torta di compleanno, piccoli baci leggeri sul profilo di una donna, birilli del bowling pronti per lo strike, il tracciato di un elettrocardiogramma, i chicchi di un rosario, le canzoni della tua play list del cuore, panni stesi ad asciugare, bottiglie vuote alla fine di una cena, tante piccole pastiglie di voltadvance nel blister, una fila bandierine colorate che festeggiano un compleanno.
Insomma, io penso che se è vero che il futuro è un’ipotesi, il passato è una coperta di lana, calda come il sole d’ottobre.
Il presente sono io, che sono come mi vedete, che non me la tiro, sapete? E che voglio bene nell’unico modo di cui sono capace, avere sulla bocca quello che ho nel cuore.
Una volta qualcuno mi ha detto che sono più affezionata al luogo, e ai ricordi che mi legano ad esso, che alle persone.
Quindi? Cosa cambia?
Può essere che anche sì, ma può essere che anche no.
Molte persone sono esse stesse luoghi, le loro braccia muri portanti, e i luoghi sono fatti di persone, che a loro volta si plasmano e si inclinano grazie ai luoghi nei quali vivono.
Quindi, come fai a scindere? Come fai a capire cosa ti lega, e perché, a un punto sulla cartina?
È come spiegare perché a volte ami chi non dovresti, chi ti siede accanto ma sai che non potrà mai essere tuo, perché scegli sempre i peperoni rossi e non cachi quelli gialli, perché certe persone non ti vanno a genio, perché il carnevale ti fa tristezza o hai paura di volare o della galleria del Maroccone, se vuoi più bene a babbo o a mamma, se è nato prima l’uovo o la gallina, o roba cosi.
L’affetto è affetto e l’importante è dimostrarlo. Se lo trattieni sei un infelice.
E fine della storia
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