L’attesa

In giro si sono accese le luci di Natale.

È tutto molto bello: tutto un luccicare insieme alle stelle.

D’altronde, oggi, è la prima domenica d’avvento e iniziamo ad attendere.

Ci accendiamo anche noi e aspettiamo.

Un mare calmo.

La tempesta. 

L’uomo giusto.

Una lettera d’amore.

Un bacio.

La donna giusta.

Quando ero una bimbetta  questo era il periodo dell'anno che preferivo e anche ora, badate, non è che scherzi.

Adoravo questi giorni.

Tutto iniziava a luccicare ed era più bello, o mi sembrava a me.

I miei genitori non si sono mai risparmiati per rendere magica in casa l'atmosfera già parecchio magica che respiravo per strada. 

Quel bell'uomo di Mario, poi, si faceva prendere la mano.

La sera saliva in soffitta a fare strani e sospetti rumori, facendo credere a Nico e me che Babbo Natale aveva scelto casa nostra per riposarsi insieme alle sue renne.

Un pomeriggio ci fece salire per controllare (tanto Babbo Natale arrivava la notte, per dormire, mica correvamo il rischio d'incontrarlo).

In un angolo, quello più nascosto e buio, c'erano una coperta di lana, un cuscino e il fieno per le staaaanchiiiisssiiiimeeee renne.

Un'altra cosa che succedeva presso gli Amadori era la pioggia improvvisa di caramelle e dolci vari dalla cappa della cucina (tipo la pioggia di rane in "Magnolia", ma un po' più bellina a vedersi e molto meno inquietante da vivere).

Capitava di sera, durante la cena e la scena era più o meno questa: sempre quel bell'uomo di Mario (e pure santo; poi ci si domanda perché il babbo è il primo amore delle figlie femmine, il metro di paragone al quale sono sottoposti tutti gli uomini che incontriamo nella vita) colpiva forte il tavolo con una gamba per distrarci e con una mano lanciava contro la cappa della cucina i dolciumi, che cadevano a terra.

Nico ed io diventavamo rossissimi, quel rosso tipico dei bambini quando non riescono a nascondere un'emozione, anche se a me succede ancora e la causa non è più Babbo Natale, almeno credo.

Che bei momenti, boia.

Come dice Nico, il ricordo della cappa è indelebile: uno dei cinque ricordi più belli di sempre.

E ha ragione, dé!

L'attesa di qualcosa di bello è la parte più bella, perché rende ancora più bello il bello.

Attendere è un verbo bellissimo.

Attendere è imparare ad avere pazienza.

Attendere è imparare ad apprezzare ogni momento che vivi.

Attendere è imparare ad avere fiducia in quello che di bello sarà, che che di bello verrà.

Attendere è abbracciare con energia l'idea di qualcosa di nuovo, a volte sconosciuto, inaspettato.

Attendere è magia, mistero, sogno, curiosità.

Che ci sia concessa la possibilità di attendere è grazia.

Attendere sono farfalle nello stomaco e pensieri che galoppano in testa come cavalli.

Come quando aspettiamo una chiamata, un messaggio, un appuntamento, le due linee sul test di gravidanza.

Come quando aspettiamo qualcosa che, speriamo, ci renda un po' più felici, morbidi, leggeri, nuovi.

Buona attesa, dunque, qualsiasi cosa stiamo aspettando.

E fine della storia

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