Tra il bianco e il nero dell’abbronzatura

Dopo giorni che non venivo al CCS dal 1938, oggi vi presenzio.

A pochi ombrelloni dal mio, due, si consultano sulle soluzioni delle parole crociate: boia, rimpiango il mio vicino di casa che stamani sberciava, in fiorentino, al telefono, con la banca.

Vabbè.

In questi giorni mi sono chiesta cosa tiene legate le persone, cosa solidifica i rapporti, di ogni genere.

Me lo sono chiesta  perché in estate c’è un sacco di capitale umano che si coalizza per cene feste uscite bevute bagni tuffi.

E ci sta.

Ma io credo che i rapporti veri si solidificano per prima cosa con la reciprocità, con il freddo, l’interesse comune e le risate spontanee.

In fin dei conti ogni rapporto è una storia d’amore.

E le storie d’amore si alimentano con la voglia continua di “scoprire” l’altro, ed avere verso l’altro una curiosità inesauribile.

Io credo si possa fare, che possa esistere questo “per sempre”.

A volte rinunciamo a persone speciali, per paura o convenienza o boh. Non le viviamo perché non le riconosciamo, o perché le riconosciamo o incontriamo  troppo tardi, o semplicemente perché sono “troppo” e basta.

Ci sono punti, nella geografia del nostro corpo, che non tutti vedono, ai quali non a tutti è permesso arrivare, permettere a qualcuno di farlo, e trovare qualcuno che vuole farlo crea il legame, in questo sta la scoperta.

È per questo che a me piace da matti il confine tra il bianco e il nero dell’abbronzatura, per questo non mi slaccio mai il costume sulla schiena.

Quel lembo bianco, nascosto ai più, è quello che mi rende speciale per qualcuno.

Lo stesso vale per il mio cuore e per chi decido di tenerci dentro, in mezzo a tutta questa gente. 

Intanto soffia il maestrale, il cielo è azzurro, stasera esco e penso che avere qualcuno che ti guarda e che ti dice che domani non volerà via, che quello che è stato è stato, e domani andrà meglio, sia già una discreta  botta di culo.

E fine della storia 

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