L’amore è

Al CCS dal 1938 le schiacciatine semplici o vuote, chiamatele come volete, le dividono in quattro pezzi e te le danno racchiuse in una busta di carta bianca, che quando poi la apri, sotto l’ombrellone, respiri il profumo umido di  olio, sale e carboidrati.

Ecco, all’ombrellone vicino al mio, un ragazzo e una ragazza mangiano la schiacciatina dalla stessa busta, lui beve una Poretti 4 luppoli, lei un estathè, spero alla pesca.

Non si dicono una parola, ma non è un silenzio vuoto, è un silenzio fatto di mille parole, quello che definisce la vera intimità, posto che esista, o se la inventa la donna Harmony che è in me? E se esiste la si possa spiegare. 

Mangiano seduti uno accanto all’altra guardando il mare ed ogni tanto, con cadenza diversa, bevono un sorso lui di birra e lei di estathè.

Se si potesse descrivere l’amore, questa sarebbe forse non l’immagine perfetta, ma un’immagine perfetta.

Come il bacio dei miei genitori il giorno del loro matrimonio, sullo sfondo del mio telefono. 

Come la nuca di Giovanni.

Come un braccialetto di rame, che mi fa allergia, ma che mi ostino a tenere, dura e senza la speranza di diventare morbida.

Come il bacio del mi’ marito, che rompe il cazzo, e se ce n’avessi due me ne romperebbe due (lasciate perdere che non ce n’ho nemmeno uno, dettagli) ma che capita arrivi in silenzio in camera e mi baci i capelli mentre mi dice “buonanotte”.

Come il dolore della mancanza, che è peggio dell’assenza, per me, e pure un’altra cosa.

Come chi ti domanda “Come stai?”, senza tanti fronzoli, con una notifica whatsapp.

Come chi lo capisce, come stai, dal tono della voce, qualcuno anche da quello dei tuoi messaggi. 

Perché, come la si metta si metta, e come scrissero sul “Il Viottolo” (qualcuno capirà) in un meraviglioso ricordo per Mario, “L’amore conta, conosci un altro modo per fregar la morte?”

E fine della storia

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