Ventitré luglio

Ventitré luglio.

Un canto assordante di cicale, schizzi d’acqua dolce, una Corona, anche se c’è chi ancora pensa che non sia una birra, costumi bagnati, pezzi di cuore fermi a estati fa, corpi più o meno abbronzati, un nuovo braccialetto stretto intorno a un polso, battaglie nell’acqua, un’insalatiera di patatine, un  grammo, forse due, di noccioline, un disco che suona, chiome di pini contro il cielo azzurro, bandierine colorate, rimanere senza parole o averne troppe, di parole, una treccia al gianduia portata da casa e rimasta nello zaino, un solarium, l’ingenua speranza di un finale aperto, facce rosse di sole, le risate dei tredici anni e mezzo quasi quattordici.

Una  giornata impressa nel cuore, un giorno impresso nel cuore, una data impressa nel cuore, sempre e per sempre.

Perché, come canta qualcuno, pioggia e sole abbaiano e mordono, ma lasciano,
lasciano il tempo che trovano. 
E il vero amore può nascondersi, confondersi, ma non può perdersi mai.

E fine della storia






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