Essere D.
Parlando in soldoni, se parliamo (ancora e giustamente) di pari opportunità, significa che le pari opportunità non ci sono, con le dovute eccezioni, ovvio.
In nulla, nel macro e nel micro: le pari opportunità, non esistono, ancora.
Se la vogliamo buttare sul grezzo, per il quale chiedo già scusa, mi spingo a dire che agli uomini, tipo, è concesso di invecchiare.
Ci sono uomini con lo scroto alle ginocchia che stanno con donne che hanno il culo all’altezza delle scapole.
Possiamo dire il contrario?
Ci sono addominali scolpiti che stanno con puppe che baciano un ombelico?
Ci sono uomini che danno voce ai loro pochi e rupestri pensieri, a tavola, con gli amici:: “Io lei me la tromberei” che poi è il moderno: “Wilmaaaaa, passami la clavaaaa”.
E si sentono (anche) ganzi, e sono (anche) fatti sentire ganzi.
Se provi a dirlo te, invece, sei una zoccola.
La maggior parte di noi se apre le gambe è perché gli hanno già aperto la testa o anche perché gli fa semplicemente voglia di aprirle, certo. Il fatto, vero, è che noi “apriamo” anche in quel caso, loro no.
Esempucci, lo so da sola.
Esistono anche uomini saggi e belli e, anche questo, lo so da sola.
La mi’ nonna Tina, Annunziata all’anagrafe, (capelli rossi e giovinezza), classe 1922, diceva sempre che sarebbe voluta nascere uomo.
Io non c’ho mai pensato, ma credo di no.
Essere donna è complicato, diciamocelo: ci vengono perdonate molte meno cose e fatichiamo il doppio per quasi tutto.
Ma essere donna, cara nonna, non ha prezzo: le donne sono tanti Carlo V, portano il peso del mondo sulle loro spalle.
Sopportiamo le mestruazioni, gli sbalzi ormonali, il dolore del parto che ti spacca in mille pezzi e poi ti ricompone di gioia anch’essa milliplicata, a riprova che non tutto quello che fa male è fine a se stesso.
Sappiamo ascoltare, sappiamo aggiungere ore alla giornata. Permettiamo agli uomini di entrare dentro di noi.
Sappiamo accarezzare e farci accarezzare. Siamo spigolose e dolci, siamo accoglienti e difficilmente fingiamo negli affetti.
Siamo ansiose, chiacchierone, acide, rompicoglioni, affettuose, battagliere, remissive.
Siamo dirette, disseminate di punti interrogativi, lasciamo spiragli aperti alle possibilità.
Ci facciamo trascinare dall’entusiasmo ma sappiamo anche essere razionali.
Siamo leggere e poi pesanti e poi di nuovo leggere.
Ci vediamo belle e poi brutte e poi wow e poi di nuovo brutte.
Sbagliamo e deludiamo ma spieghiamo sempre il perché e, spesso, il perché è al telefono col nostro cuore, un pessimo consigliere, diciamocelo, poco meglio chi ragiona e decide con la testa, a tavolino, tutto il vivibile in colonna, come nelle buste paga: ghiaccio e in ordine.
Guardiamo il dolore in faccia e in qualche modo, con fatica e altro dolore, proviamo ad attraversalo per poi superarlo.
Siamo magiche.
Diamo infinite possibilità, tendiamo mani, ma arriva un momento nel quale anche basta, il resto del tragitto fallo te, sennò puppa.
Balliamo e ci ubriachiamo e ci facciamo la pipì addosso dal troppo ridere, o piangere, dipende.
Sappiamo chiedere scusa, anche se è difficile, anche se le scuse postume sono una mano di bianco data male.
Pensiamo troppo, perché, forse, siamo troppo.
A unire la nostra A e la nostra B c’è un groviglio e non una linea retta.
Non abbiamo il dono della sintesi, soprattutto quella emotiva, ma dé, ce ne faremo una ragione.
Il fatto, vero, è che possiamo essere tutto e il contrario di tutto: possiamo anche essere come uomini se vogliamo, basta lavorare per sottrazione, togliere invece di aggiungere.
Mi riuscirà?
Cara nonna Tina, lasciatelo dire, meno male che non sei nata uomo, sennò chi me li cucinava i crostini ai fegatini inzuppati nel brodo più buoni di sempre?!
E fine della storia
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