Sempre al caldo, nella vita.
Stamani, sotto un cielo grigio, ferma al semaforo di Viale Carducci, Livorno, Toscana, Italia, vedo in scooter una mamma e aggrappato a lei, come una cozza allo scoglio, un bimbo con un casco colorato, i capelli ancora caldi di sonno e un grembiulino che spuntava dal piumino.
Con una mano lei, per scaldarlo, gli struscia una gamba e lui l’abbracciava stretta stretta, come se avesse paura che il vento, che non tira, la portasse via.
Che meraviglia.
Che beatitudine.
Una Madonna col bambino in chiave moderna.
Tutto l’amore del mondo in sella ad una scooter.
La bellezza della vita che c’è.
Ripenso a quando il Giova era così piccino da pensare che “mamma, sei più morbida di una sciarpa”, così piccino da dire che “quando ci sei sento odore di mamma”, quando mi baciava senza pudore, quando mi guardava come fossi, non lo so, l’ultimo panino alla nutella.
Ora sbuffa h/24, e dice che lo stresso, sempre h/24.
Mi sembra passato un secolo e quel secolo sta tutto addosso a me, cazzo.
Passiamo ore ad annusare il collo dei nostri figli, come fosse l’unità di misura per tutto.
Affondiamo il naso in quell’incavo perfetto e capiamo subito che il segreto del mondo è nascosto lì.
Le chiavi di casa, sono nascoste lì.
Il tesoro più grande, è nascosto lì.
Non lo so, io credo che la speranza di chi cresce esseri umani sia quella di saperli sempre al caldo, nella vita.
Come quando, da bimbetta, il mi’ babbo scaldava le mie mani nelle sue, d’inverno.
Se chiudo gli occhi quel calore lo sento ancora, giuro.
E fine della storia
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