Il CCS compie cent’anni.
Cent’anni.
Un secolo.
Un numero a tre cifre.
M’ha visto crescere e sta vedendo crescere il mi’ figliolo e i suoi amici.
Certo, lo prendo per il culo, ma per i cent’anni farò un’eccezione: in fondo, sotto il grasso addominale, sono una bella persona.
Al CCS ci sono ancora le mie gambe secche di bimba.
Ci siamo Nico e io, sui “moscerini” in legno, spinti da mamma, pesanti, diomio, come sono io in certe giornate.
C’è ancora Mario che esce dall’acqua e si passa una mano tra i suoi bianchi capelli, mentre io penso che sì, è ufficialmente l’uomo più bello del mondo.
Ci sono le mie estati in rotonda con i Tavoloni, con il Vestrini che rompeva già il cazzo e che non gli andava mai bene nulla, con Stefano, che era più buono di quanto lo sia ora, se mai è possibile.
Ci sono le risate con la Save, c’è ancora Luca, in mezzo a noi, che ci parla passandosi una mano sul petto, ci sono tutti gli altri, ognuno per quello che è stato per l’altro.
C’è la poesia strascicata dei vecchi signori che portano le borse del mare alle mogli, ci sono i bimbi che pescano sulle secche, ci sono ex giovani che giocano ancora a beach volley, ci sono i bagnini che sorridono medicano e combattono contro le meduse.
Ci sono bimbi appena nati, bimbi che stanno per nascere, bimbi cresciuti.
Ci sono conchiglie cavigliere e di moRti sassi.
Ci sono amori estivi, baci in pineta, amori vecchi nel corpo e nello spirito.
C’è ancora la testa piena di riccioli di Nico, curvo sulla sua canna da pesca, amica di mille avventure.
C’è ancora il mio pancione a mollo nell’igienico gozzo.
Ci sono costumi colorati, parei, teli mare, lettini, coni gelato fatti con la sabbia, menù completi dentro le borse frigo.
Ci sono code al bar, code alle docce, code al parcheggio.
Ci sono palloni, secchielli, palette, retini, pistole a acqua, buche in battigia, ciambelle, braccioli, ciabatte dimenticate.
Ci sono nei, tatuaggi, cicatrici, cellulite, smagliature, pance piatte, pance meno piatte, culi, puppe e bellezza.
Ci sono barche a vela all'orizzonte e acqua che luccica baciata dal sole.
Ci sono spalle abbronzate e spigolose e curve di morbidi fianchi.
C’è la meraviglia dell’estate, che quando arriva non ti sembra mai sia andata via e pensi che non possa esistere un’altra stagione capace di renderti così bella e libera e felice.
E poi c’il fungo, sentinella mai stanca dei miliardi di tuffi dai massi.
In fin dei conti il CCS è stata la casa di tanti.
Certo, possiamo trascorrere un’estate senza andarci, anche due, anche quattro, anche tutte, ma sarebbe un po’ come non mangiare i fegatini per Natale.
Le tradizioni vanno rispettate, qui e fuori di qui.
La foto non è mia, ovvio, ma della Saveria fotografa (cercatela sui social).
E fine della storia
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