La settimana di Sanremo
Oggi mentre camminavo nel parco del teatro Solvay, che tra la partita e il cinema pareva arrivassero i Duran Duran a Sanremo, pensavo proprio all'imminente settimana sanremese.
Pensavo a quando la mi’ mamma comprava TV Sorrisi e Canzoni e io imparavo le canzoni a memoria e mi innamoravo di certi versi, perché le parole hanno avuto un forte ascendente su di me, anche da bimbetta.
Pensavo a quando con la Save ci si telefonava all’ora di cena e si schiantava da ridere su tutto, soprattuto quell’anno che c’era Cannelle e non vedevamo l’ora di vederla scendere dalle scale tutta gale e topa, tanto era bella; fu l’anno che il mi’ babbo mise il lucchetto al telefono di casa, ma non alle mie cazzate: babbo, ti amo, ancora, comunque tantissimo.
Pensavo a quali sono le mie canzoni preferite di sempre, una dura lotta, ne ho scelte cinque, perché le liste sono di cinque, come ci insegna Hornby: “Ancora” perché piaceva tanto al mi’ nonno Oscar; “Colpo di Fulmine”, perché avrei strappato la camicia a Joe di Tonno, tanto mi garbava; “Si può dare di più”, perché in quell’anno Nico non stava bene ed ho capito il senso della parola famiglia; “Non amarmi”, perché la dreamer che è in me penserà sempre che al cuor non si comanda e chi lo fa vive se non infelice, mezzo infelice, sì però; “Perdere l’amore”, perché “respirare forte il suo cuscino” m’ha sempre spaccato il cuore in due.
E nulla.
Sanremo è la regina tra le regine, è la Queen Elisabeth degli eventi televisivi, tutto il resto sta un passo indietro, come il Principe Filippo.
Buon Sanremo a tutti.
E fine della storia.
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