Il giorno in più
Oggi è ufficialmente “il giorno in più”.
Il giorno in più di uno dei miei mesi preferiti e il giorno in più di questo anno, iniziato da poco, ma già bello pesante.
Ci lamentiamo sempre che ci manca il tempo, che siamo sempre al lavoro, o dietro a qualche rottura di palle, che non possiamo fare quello o questo o quell’altro.
Ah se avessi tempo, o più tempo.
E oggi, che abbiamo un intero giorno in più, almeno io, l’ho dato per scontato e l’ho perso dietro alle comuni miserie dei giorni comuni.
Quanto pagheremmo, a volte, per avere del tempo in più? Un intero giorno, poi.
Per guardare il mare, se ci dicessero che da domani non potremmo più.
Per dare l’ultimo bacio, se sapessimo che quelle labbra, da domani, non saranno più nostre.
Per dire “ti voglio bene”, se da domani il bene fosse vietato dal regolamento della fantavita.
Per mangiare con le mani quello che più ci piace, se da domani fossimo condannati ad una dieta stronza ed eterna.
Per dire parolacce se da domani, anche solo per un “cretino, ci tagliassero la lingua.
Leggere, o rileggere, un libro, se da domani bruciassero tutte le librerie o le biblioteche del mondo (quanta vita in più brucerebbe insieme a loro, quanti sogni, quanto sentimento, quanto pensiero).
Scrivere, amare, perseverare, resistere, combattere, trombare, sperare, “sentire”, pregare, spiegare, correre, camminare, accarezzare, cantare, ballare, nuotare, ridere, bere (nel senso di “trincare”), accontentare, curare, parlare, ascoltare (cucinare e stirare non me li sono scordarti, li ho omessi perché mi hanno insegnato che le bugie non si dicono).
Vivere.
Io dico che “il giorno in più” andrebbe preso di ferie.
E fine della storia.
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