Pupperò, dé
Credevo che la vigilia di Natale fosse nell’Olimpo delle rotture di coglioni quando si parla di spingere un carrello della spesa.
Invece no.
Provate d’estate.
Tracce di corpi sabbiosi dappertutto, come il sangue quando ti fai l’esame delle urine: tra la frutta, nelle bracioline, al banco dei surgelati.
Gente in ciabatte che pare pesino cento chili l’una. Le trascinano come le donne incinta quando spaccate dai dolori consumano i corridoi, cazzo ma un paio di scarpe non l’avete?
Uomini in canottiera che trasportano cocomeri a due mani, tipo Baby, ma parecchio più brutti.
Icchesiprende? Un etto di prosciutto? Sì vai, la mi faccia un etto di prosciutto.
Anzi no, due vai, se ci sono i bambini, non si sa mai.
Ma esattamente, a chi cazzo frega, a me no, per esempio.
Ma andiamo avanti.
Un po’ di pane scuro, per favore, sui tre etti. Se poi sono quattro lasci, eh!
Tanto si conserva bene.
….
….
….
Si conserva bene, vero? Sì, signora, si conserva bene.
Ah, allora faccia mezzo chilo.
Gente col pareo, gente rossa vermiglio, gente che ti sparge tuttaddosso tanfate di profumo al cocco come il prete fa con l’acqua benedetta.
Ma se a me, per esempio, tutto questo mi disturbasse i coglioni?
Puppa, direte voi.
Pupperò, dé.
E fine della storia
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