Pezzi di presente al CCS

È il mio primo giorno al CCS dal 1938.

Ogni estate sembra uguale all’altra ma non è così per me, almeno tra le mie ultime estati la differenza è abissale, come tra Tananai e lei.

Penso ai pezzi di presente, e a quanto differenti possono essere tra loro, soprattutto nel sentire soggettivo, perché è ovvio che differenti lo sono per forza.

Il CCS è una costante per me, ne brontolo e ne critico, ma è sempre stato con me in ogni mio pezzo di presente.

C’è stato un pezzo di presente nel quale il mio babbo sbucava dalle file delle cabine bianche e verdi, che hanno una prospettiva tutta loro, la prospettiva CCS, la sera alle cinque dopo il lavoro.

C’è stato un pezzo di presente durante il quale stavo a giornate intere in rotonda, coi Tavoloni, occupando dodici panchine, un tempo nel quale la mia mitologia personale m’ha visto creatura che si buttava dai Massoni, non esistono fotografie, ma giuro che è vero.

C’è stato in tempo di presente che mi ha visto incinta e un altro che ha visto Giova in battigia, pieno di rena in bocca e sommerso da palette, rastrelli e formine.

C’è stato un tempo di presente che mi ha visto vacillare, impaurita eppure felice, prendere il largo verso ciò che poteva farmi un bene assoluto nella stessa misura in cui poteva schiacciarmi come una sottiletta.

I pezzi di presente sono stanze nelle quali abbiamo vissuto e nelle quali non torneremo più, anche avessimo ali per volare.

Non torneranno più i miei genitori al mare, Giova coi braccioli, Luca che mi chiama da ombrellone a ombrellone, il pane e pomodoro del mi babbo.

Lo chiamano il ciclo della vita, io lo chiamo il ciclo di stocazzo.

Poi c’è l’attuale pezzo di presente, nel quale mi accorgo, tristemente, che le camminate di questo anno non hanno prodotto nessun beneficio, che ho ancora una pancia che sembra un culo e un culo che non è più un culo, ma un soprammobile (strano e senza forma) dell’ikea.

E fine della storia 


Commenti

Post più popolari