L’autobus per il sociale

Sull’autobus del rientro oggi grandi maxi sorprese, come nell’uovo Kinder.

Mentre mangiavo come un’accampata due etti di torta dalla fame che avevo, sale una famiglia di stranieri, biondi e bianchi, svestiti, perché vedrai pensavano di essere capitati nel paese del sole a tutte le ore  e invece sono piombati ai mercatini di Natale. 

I bimbi si sono seduti, ma il babbo e la mamma, ingenuamente, hanno pensato di poter conversare con l’autista, che parlava, l’ho capito dopo, un italiano dubbio.

Siccome le cose andavano per le lunghe, mi sono tolta le cuffie giusto in tempo per sentire il suddetto autista chiedere a un ragazzino seduto in prima fila: “GGGGGiovane, mi guardi un po’ al volo quella posizione, non so dove, che mi stanno indicando questi due?”.

Il GGGGGIovane la guarda, capisce, riferisce, i due si siedono e l’autista si rimette alla guida.

Giunti a Calafuria la famiglia è avvertita che è giunta l’ora di scendere, ma una signora si intromette e consiglia di proseguire e di scendere a Castiglioncello. 

Ma perché, cazzo, perché?

“Ma a Calafuria cosa ci fanno? È vento, è freddo, ci sono le onde, è pericoloso”; l’autobus per il sociale, praticamente. 

Comunque alla fine scendono, perché l’autista, quale uomo in divisa, e letterato, decide per tutti: “Signora, la posizione che c’era nel telefono diceva che era quella”.

Bene, tutto è bene quel che finisce bene.

Io nel frattempo ingurgitavo  un ovino gourmet di cioccolato bianco con un fiorellino a decoro di cioccolato celeste che mi hanno regalato e che era bellino da morsi, e io l’ho morso. 

Il cioccolato celeste mi pare non esista e se lo sa il mi’marito mi enuncia i 383828292992 coloranti che mi possono danneggiare persino il pensiero, difatti la soglia di casa non l’ha varcata. 

Intanto la signora de “l’autobus per il sociale”ha preso posto accanto al GGGGIovane e ha continuato con: “Ma a Calafuria cosa ci fanno? È vento, è freddo, ci sono le onde, è pericoloso”.

A ognuno il suo venerdì Santo.

E fine della storia. 

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