Ed è di nuovo CCS

Ed è di nuovo CCS.

Nulla via, estate che vai gente che trovi.

Il CCS dal 1938 si smezza tra le signore in costume intero e  capelli color l’Oréal Paris che, come moderne e pudiche bagnanti di Valpincon, arricchiscono di chiacchiere e saggezza  il gozzo al mattino e il popolo della gold hour, coloro che incrementano il PIL fashion del Circolo, tutti “gabina” e “sprizzettino”.

Due parole che risultano brutte ancorché trasportate dal vento, sul mare, quando tutti siamo predisposti all’allegria e all’accettazione pacifica dell’altro; a patto, ovvio, che l’altro non ti rubi l’ombrellone in prima fila.

La menzione d’onore, però, va al tipo che l’altro giorno ha ripetuto all’infinito:

“Vedrai. Sono le quattro, tra che vado, mi cambio e arrivo lì sono le cinque”.

Per che ora ti si aspetta allora?

“Vedrai, che ore sono? Ah, le quattro. Tra che vado, mi cambio, due cose e arrivo lì sono le cinque”.

Quando ci passi a prendere, allora?

“Vedrai sono le quattro. Tra che vado, mi cambio (...)”

Faccio per dirlo alle mie amiche.

Che stanno lì a dirmi che sottolineo l’ovvio, Elena stringi, s’è capito, la fai lunga.

Bimbe, vi ricordo che sono le quattro. Tra che vado, mi cambio e arrivo lì, sono le cinque.

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Dal CCS dal 1938 è tutto, ci si risente in agosto quando l’estate morde, ma io mordo di più. 

E fine della storia.

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