Il verde salvia

In via Giuseppe Maria Terreni, già via del Ricovero, certi giorni ci sono dei mulinelli di vento dai quali non ti ripari. 

Il vento scompiglia i capelli, spalanca le giacche sul petto, taglia la faccia e le labbra, se fa freddo, cancella i minuti della piega mattutina con la piastra, davanti allo specchio del bagno, mentre biascichi sbadigli e sonno. 

Quello che il vento non cancella sono i segni del tempo, l’eredità di questi quattro anni, che per me sono stati pesanti e invadenti, l’ipocondria che ogni tanto si riaffaccia prepotente, frutto forse di questa vita vista merda, le mezze maratone che ho fatto con le parole, sudata e stanca, ma che non hanno dato frutto se non una delusione pungente e latente, che credo non mi lascerà mai. 

Ieri, come un criceto, ho fatto svariati giri nelle strade che costeggiano il teatro Solvay, che da qui in avanti, la domenica al mare non cammini, ma fai a cazzotti. 

C’era del verde tutto intorno, le stagioni arrivano e ti invadono coi loro colori: il verde ha mille sfumature, così come ce l’hanno l’azzurro o il rosso.

Il verde salvia, comunque, è  il mio preferito, l’ho capito ieri.

Tra tanta bellezza qualcosa devi scegliere, o prediligere, così come fai con le persone: in molt* potranno piacerti, ma avrai sempre qualcun* che preferisci, un punto debole, un tuffo al cuore, un attimo di eterno.

A volte maledico il modo in cui sono fatta, ma come dice Dario: non sarò mai abbastanza cinica

da smettere di credere che il mondo possa essere migliore di così.

Commenti

Post più popolari