Lo zaino
Un paio di anni fa, per il mio compleanno, mi fu regalato uno zaino.
Un regalo pieno di significato, uno zaino che, anche quando è vuoto, contiene tutto ciò che di bello ha portato alla scelta di quel regalo per me.
Contiene risate, confidenze, botte di allegria, incomprensioni, chiarimenti, panchine al sole, birre e panini, abbracci di bene, estati al sole e inverni al freddo, parole e aiuto, presenza, vera e rara, consigli, giorni, commozione, chilometri, infanzia, radici, compleanni, ipocondrie, pregiudizi, fiducia e abbandono.
Oggi mettevo in ordine l’armadio e mentre ero piegata a riordinare le giacche nella parte inferiore dell’anta destra, una fibbia di quello zaino mi si è incastrata tra i capelli, che ho fatto fatica a liberare.
È stato come quando, mentre provo ad addormentarmi, cerco di ricordarmi la voce del mi’ babbo, o come quando ripasso a mente tutti i fotogrammi di una giornata, o come quando, dopo la doccia, spanno il vetro del bagno con una mano.
Un riaffiorare.
Perché quello che ti ha abitato profondamente riappare sempre, non è scomparso, è solo finito in fondo a uno zaino, o ce lo hai fatto finire te, laggiù in fondo, ma mentre ti strappa i capelli ti ricorda che c’è stato, anzi, che c’è, e se lo combatti fa ancora più male, ti strappa, proprio.
E fine della storia
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