La Honda jazz
Con oggi non ho più la mia macchina.
Dé, direte voi, era l’ora.
Dé, riderete voi, devi esse’ la prima.
Dé, dico io, nel magico mondo di Elena tutto lascia un segno, tutto è mio, tutto è infinito.
Quando rottamai la Micra, dopo l’incidente che la rese un ammasso di latta e vetro, piansi di un pianto isterico da Palazzi fino a Rosignano M.mo, non come quando m’ammazzarono il commissario Cattani, ma quasi uguale.
Anche oggi è stata dura.
lo so che è un bene materiale, lo so che non ha un cuore, quello ce l’ho io, e tende ad affezionarsi pure alle cose, fate voi: io ti regalo il cuore e resto tua per sempre, tipo.
La Honda ha visto il sonno della mattina e l’euforia della sera. Ha ospitato il sudore del Giova, i suoi zaini, le chitarre, i suoi amici, la sabbia del CCS, il tubo rosa che uso in piscina, il mio culo, i brick dell’estathè. È stata la testimone silenziosa di lunghe telefonate Rosignano/Livorno e Livorno/Rosignano, della felicità, della cupezza, della paura della galleria del Maroccone.
Non attraverseremo più l’azzurro labronico insieme e io mi sento come se non fosse cambiato nulla, a parte, forse, che è cambiata ogni cosa.
Ma questa è un’altra storia, della quale sarà testimone la mia nuova macchina.
E fine della storia
Commenti
Posta un commento
Se volete lasciare il vostro nome quando commentate sarei contenta, altrimenti non so chi siete.