Il mio capitano Stubing

Giuseppe, caro.

L’altro giorno ero in campagna e, non so come, mi ti sei palesato in una visione tra prato e nuvole vestito da capitano Stubing.

“Mare profumo di mare, con l’amore io voglio giocare, è colpa del mare, del cielo e del mare, sento che sto lasciandomi andare”.

Leggendario.

Insomma, ormai avrai capito che fantasia n’ho. Me n’hanno distribuita un botto, molta di più rispetto capacità di sintesi, per intenderci.

Comunque, dai.

Vengo in crociera.

Te sarai il mio capitano Stubing e il Comitato Tecnico Scientifico si spartirà gli altri ruoli.

Mi siederò al tuo tavolo per le cene e poi, nel dopo cena, sul ponte della nave, berremo vino e birra e non importa quanto ingrasso, come canta Nigiotti Enrico da Livorno, che di mare se ne intende.

Io sentirò freddo e te mi coprirai le spalle togliendoti la giacca.

Poi vomiterò per il mal di mare, ma a quel punto sarai già innamorato pazzo di me e il vomito sarà un dettaglio, di quelli simpatici, di quelli che un giorno racconterai con orgoglio ai nostri nipoti: “Sapete che la nonna, una sera, sul ponte...”.

Sarà bellissimo invecchiare insieme, capitano, mio capitano.

E.


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