Dicembre a Ponteginori
Dicembre a Ponteginori.
Frigido, umido, appannato e bagnato.
Tra i colori del foliage intravedo il campo di pallone
Ci rivedo babbo, e lo zio Carlo che prende appunti sulla partita per l’articolo sul Tirreno, col suo cardigan di lana color cammello e le gambe accavallate.
A volte mi chiedo dove si depositano i ricordi, o meglio come facciamo ad avere così tanto posto dentro di noi per ospitarli tutti.
Perché a volte, e pensateci bene perché è vero, ti tornano in mente particolari ai quali non pensavi da talmente tanto tempo che non lo sai nemmeno contare; spuntano fuori dai tuoi fondali sgomitando per farsi vedere o, meglio, sentire.
Quello che è davvero importante per la nostra vita, nel senso non biologico del termine, in fondo, lo svelano forze esterne da noi.
Ce lo svelano i colori, i profumi, le sfumature, la sensazione delle stagioni sulla pelle, l’umidità di certi pomeriggi, che ti s’appiccica addosso e sui capelli, il verde di un vicolo, le foglie che calpesti camminando, stringendoti nel tuo parka.
Il fatto, cari tutti, è che sono diventata grande senza neanche accorgermene e la geografie dei luoghi e del cuore, con le loro mancanze, invece, me lo ricordano, che lo sono diventata, grande.
Un pezzo del mio cuore sarà sempre invischiato di quell’umidità, come la simmental nella gelatina, che sembra nascondere, ma in realtà scoperchia tutto.
E fine della storia.
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