Come fa l’uso della luce nei quadri di Rembrandt
Il tempo scorre lungo una linea retta, come ha detto qualcuno, e quindi l’uomo non può essere felice, perché la felicità è un desiderio di ripetizione.
Che poi è pure vero; tendiamo sempre a voler ostinatamente pensare, almeno io, che ogni cosa possa (e debba) essere infinita, e quindi sempre come voglio io, o meglio che mi faccia sentire, sempre, come voglio io.
Ma il tempo procede, e procedendo va da sé che inneschi cambiamenti che non sempre sono pronta ad accettare e che non sempre mi garbano.
Le rughe che ho intorno agli occhi, ad esempio, mi fanno cacare, e il fatto che non ho più intorno a me alcune persone che, per il solo fatto di esserci, mi facevano sentire amata e protetta, mi fa altrettanto stracacare, oltre che soffrire.
Le botte di felicità sono così rare che quando le senti addosso, a volte, ti fanno paura, e il mondo è così pieno di crudeltà che sentirti bene diventa quasi una colpa.
A volte cerco di immaginarmi che aspetto abbia la pace.
Forse come quello delle nuvole, nei giorni tersi, di un rosa acceso o di un bianco lucente, dipinte nel cielo, precise e immobili, o come quello degli alberi che rimangono saldi, lì dove sono, senza che nulla li smuova, un po’ come noi, quando teniamo il punto, o come il mare nei giorni di tramontana, calmo e azzurro e imperturbabile, o come quello della pioggia di certi giorni, talmente leggera che non si vede, ma c’è.
La pace forse è nascosta solo negli attimi, nei momenti, negli occhi di qualcuno, in minuscoli flash, nei quali credi che il mondo sia un luogo cortese e che quello che vivi te esista dappertutto, tutt’intorno: in ogni angolo, in ogni casa, in ogni cuore, in ogni Paese.
È passato un anno parecchio impegnativo e triste per me e ringrazio per chi ha saputo capirlo; per il prossimo mi accontenterei di trovare in una tasca del cappotto qualche briciola dell’allegria che c’è nelle canzoni di Raffaella che escono da Alexa.
Anche in un cappotto che mi mettevo due anni fa, per dire, l’allegria mi pare non abbia data di scadenza.
O ce l’ha?
Un’allegria che scavi e scovi dentro di me e che porti alla luce risorse nascoste, come fa l’uso della luce nei quadri di Rembrandt; risorse alla carta, come il menù del Cenone, pronte alla consumazione, in grado di ricaricare il mio livello di energia, che ad oggi è come quello della batteria della Panda, che stamani alle 6.50 mi ha lasciato a piedi.
Molto good.
Buon anno.
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