Ma, poi, sarà vero che si scappa dalle paure?

Sono sull’autobus, nel primo giorno lungo dal cambio  dell’ora. 

La città si prepara al buio, le giornate si accorciano, come è scritto che sia, anche se pare primavera. 

Il crepuscolo mi garba, anche perché ce l’ho dentro da sempre, come la malinconia, eredità paterna, insieme agli occhi e alle mani, come le mille domande che spero sempre si accorcino, prima o poi, come le giornate, insieme al casino, agli sbagli che faccio quando sono agitata o troppo triste per qualcosa. 

Da bimbi, spesso, abbiamo paura del buio, forse perché il buio nasconde, e invece abbiamo voglia e bisogno  di vedere conoscere sperimentare ed imparare. 

Col buio, invece, da più grande, puoi desiderare, che è meno utile di fare, ma molto più bello.

Desiderare è un po’ come cercare l’alba dentro l’ imbrunire, come cantava Battiato, bello quanto difficile, ovvio.

Il giorno ci distrae dalle paura, la notte dalle paure non puoi scappare. 

Ma poi, sarà vero che si scappa dalle paure?

Secondo me si scappa da quello che ci fa stare bene, invece. 

Scappiamo dalla cura, dal rimedio, dalla “salvezza”, da tutto ciò che ci farebbe solo bene.

Non scappiamo dalle paure, ma da ciò che ci fa paura e invece non dovrebbe farcene.

E fine della storia.

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