Immagina due mondi solitari
Oggi in città, durante la pausa pranzo, ho visto due donne, sedute al tavolo di un bar.
Io ero su uno sgabello, all’interno del locale, loro nell’area fuori.
Le ho osservate attraverso un vetro, come fossero i personaggi di un film senza sonoro.
In verità, prima, ne ho vista una, in attesa, controllare il suo telefono, solo dopo ho visto l’altra arrivare.
Gli occhi di entrambe si sono accesi e le ho viste stringersi in un abbraccio lunghissimo e felice: tutto il loro corpo rideva e parlava, pur non aprendo bocca.
La nuova arrivata aveva un regalo, che ha appoggiato sul tavolo.
Poi, si è seduta di fronte all’amica e hanno iniziato a parlare fitte, io non sentivo nulla e, a parte che non erano cazzi miei, non era quello l’importante.
La loro felicità nel vedersi, chissà dopo quanto tempo, mi ha fatto pensare a quanto è bello trovarsi o ri-trovarsi e dimostrarsi il bene.
Dopo tanto, dopo poco.
Dopo ieri o due volte nello stesso pomeriggio.
Dopo due giorni o dopo mille.
Dopo altre amicizia, altre vite, altri amori.
Dopo aver litigato o riso insieme fino alla sera prima.
Trovare il tempo di cercarsi, di vedersi, di raccontarsi, di sorridersi, di dirsi, di dedicarsi, di esserci.
Il regalo non l’ho visto, mi sono distratta, ma non credo conti.
Il vero regalo era impacchettato in quell’abbraccio.
E se l’amore è trasversale, declinabile, e pure un amico si può amare, senza distinzioni di verbo, come gli inglesi quando si dicono “I love you”, credo sia come scriveva Toto: “Immagina due mondi solitari, sospesi tra le stelle, in mezzo ai mari, a volte si avvicinano per non sentirsi soli, per questo sono grandi e li chiamiamo amori”.
Ha ragione lui, gli amori sono per davvero tutti uguali, la differenza si fa noi.
E fine della storia.
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