Nessuno ce lo insegna, eppure.

Io non lo so quando sono diventata mamma.

Forse da piccina, quando giocavo con le bambole o obbligavo Nico a farmi da bambolotto, poveraccio, me lo rinfaccia sempre.

Forse da quando mi preoccupo un po’ troppo di tutti, per tutto, quasi sempre.

Forse da quella sera di marzo, quando seduta sul water, con le ginocchia che si toccavano, ho fatto la pipì sopra quell’aggeggio di plastica e dopo pochi minuti  ho visto  quelle due linee blu.

Forse da quella fredda e piovosa alba di inizio dicembre quando ho visto (e soprattutto sentito) quelle due righe blu, divenute 4.301 di ciccia e splendore puro, uscire da me come un razzo.

Forse già da prima o non lo so o non mi importa. 

Forse siamo madri già da subito, in quanto donne, perché “gli uomini reggono il mondo, le madri reggono l’eterno, che regge il mondo e gli uomini”.

A me è successo, poi, che sono diventata mamma e mi sono sentita, di colpo, ancora più figlia.

Nessuno ce lo insegna, eppure.

Buona  festa della mamma a tutte le donne, mamme e pianure fertili a loro modo.

Buona festa della mamma a tutte le figlie.

Buona festa della mamma a me e al mi’ figliolo, perché sappia riconoscere sempre il valore, grande, delle femmine, come le chiamava quando era piccino. 

Vorrei essere capace di entrare nella sua vita leggera come una sera d’estate, il fatto è che non mi riesce quasi mai, perché sono ansiosa e rompicoglioni, ma ognuno ha la sua storia alle spalle e non è che la scuoti via come fai con la polvere sopra le mensole. 

Buona festa della mamma alle mie amiche: i figlioli crescono,  ma noi siamo sempre delle ragazze; apriamoci al vento.

Buona festa della mamma alla mia, di mamma, che non si ricorda il mio nome, ma sa che sono “la sua bimba”.

Buona festa della mamma a chi sa accogliere, perché è questo verbo che rende madri anche gli uomini, “che sono figli delle donne, ma non sono come noi”, un Paese, una Comunità. 

Viva le donne.

Viva le mamme.

Viva la vita.

E fine della storia.

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