Un puzzle di cellule

 Quando Mario si è ammalato di quella rara e stronza variante della malattia di Parkinson, un suo campione di sangue, e tutto ciò che conteneva, forse anche un pezzo del mio futuro, è andato a finire in una grande banca dati genetica, atta alla ricerca.

Chissà se dentro quelle provette rosse, oltre alla sua predisposizione genetica a quella malattia del cazzo, c’erano anche tracce di altro, dei profumi della sua vita con noi, colonne sonore senza musica  di momenti felici.

Quello del gelsomino, ad esempio, anticipatore dell’estate,  un profumo che pervade l’aria, dolce e pungente allo stesso momento, talmente denso che ti pare di non poter annusare nient’altro, come se nelle tue narici non ci fosse più spazio per nulla, nemmeno per un refolo di vento.

A volte ho la sensazione che siamo tutti un numero nelle statistiche, nelle politiche di mercato, nei comizi elettorali, nei censimenti istat, nelle buste paga, al banco del pane della coop, al Cup, negli abbonamenti a teatro o dove vi pare a voi.

Invece siamo un puzzle di cellule, più o meno perfette, che può incantarsi e commuoversi per un profumo.

E chissà se questa gioia si potrà mai censire.

E fine della storia.

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