Io prendo una Napoli, te?
A me la primavera mi mette ansia perché a tutti gli prende d’un botto “un bisogno di leggerezza e di pesanti passioni e un sentimento indefinibile al tramonto” che insomma, tutto insieme, oioi, impegnativo.
Comunque tutto volge a farci ammettere che sì, la primavera è uno stato d'animo, anche se a me mi vive dentro l’autunno, da sempre.
Ieri sera, contro un cielo con mille punti di luce diversa, arrabbiato e sereno nello stesso tempo, squarciato in due da un unicorno di colori, ho visto due ragazzi parlarsi vicini, faccia contro faccia, baciandosi solo con le loro fronti.
Formavano una strana figura, quasi un cuore, non umano, ma di quelli che disegni sui fogli mentre prendi appunti.
Cosa si dicessero non so dirlo, forse: “Capita che sfiori la vita di qualcuno, ti innamori e decidi che la cosa più importante è toccarlo, viverlo, convivere le malinconie e le inquietudini, arrivare a riconoscersi nello sguardo dell’altro, sentire che non ne puoi più fare a meno, e cosa importa se per avere tutto questo devi aspettare cinquantatré anni sette mesi e undici giorni notti comprese”.
(Se non l’avete letto siete indietro di un chilo di bellezza)
Ma forse no.
Forse, semplicemente, lei diceva a lui: “Io, stasera, prendo una Napoli, con poco pomodoro, te?”
E fine della storia.
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