Le birre nel parcheggio della lidl

C'è stato un tempo durante il quale, con le bimbe, ci trovavamo al parcheggio della Lidl per berci una birra. Di solito una rossa, non sempre fredda, che aprivamo con un apribottiglie tenuto di scorta in macchina, così come i cartoni di birra.

Era il tempo grigio della pandemia nazionale, quando mi garbava Giuseppe (caro), ma al contempo gli avrei dato foco: a lui, ai divieti e al budello di su’ ma.

La bellezza con la quale ricordo quel periodo, quello delle birre alla lidl, è tanta; un po’ perché mi ricorda altro, un po’ perché era scevro di tutto quello che potremmo fare ora, ma che non facciamo, almeno non quanto vorremmo.

Se dovessi dipingere un quadro di quel lungo tempo,  indimenticato e indimenticabile, l’elemento iconografico che gli attribuirei sono le birre rosse che vendono alla lidl, delle quali non faccio il nome, e che da tradizione bevo solo con chi fa combaciare un pezzo di sé con un pezzo di me. 

Sono il simbolo di due o più battiti cardiaci che si sovrappongono, una botta di spugna su una giornata polverosa, due labbra che soffiano su una sbucciatura, una canzone stonata cantata a squarciagola, un paio di occhiali quando anche ingrandire il carattere sulle impostazioni del telefono non serve più.

Sembra davvero una banalità, ma il potere terapeutico di una birra calda al freddo di un parcheggio, a volte, può essere la miglior cosa della tua giornata. 

Tre ragazze, sedute su un marciapiede, con una birra in mano e le labbra umide. Corpi umani su cemento.

Il titolo potrebbe essere: “Giuseppe, caro, mi garbi, anche parecchio, ma ti vo nel culo”

E fine della storia 


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