Una luce che ci parla

Io penso molto, perché non possiedo né la presunzione di poter dimenticare la qualunque, figuriamoci quello che conta, né la capacità di sorvolare sulle cose, come un drone del cazzo.

E poi, a volte, scrivo, perché scrivere mi tiene aggrappata all’accaduto e all’accadente, se si dice, non lo so, ma vedrai no.

Oggi, con un sole che mi abbronza dal finestrino dell’autobus delle 14.30, penso che viviamo aspettando qualcosa, autobus compresi, anche se io la maggior parte delle volte li prendo a fittone e col fiatone. 

Il sole di maggio.

Le vacanze.

Il primo giorno di mare. 

Le magliette a maniche corte.

Le gambe abbronzate.

L’acqua blu delle piscine.

Il venerdì sera.

Qualcuno che rida con te, di tutto.

Se dovessi colorare questa attesa sceglierei i colori delle cose sotto il cielo di febbraio.

Quando la luce torna a farsi vedere, ad insistere di più sulle nostre facce, a preannunciare la primavera.

Una luce che ci parla, come nei quadri di Hopper.

Scegliamo noi cosa farle dire, scegliamo noi cosa ascoltare, scegliamo noi cosa aspettare.

E fine della storia.

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