Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare

Ho sempre avuto la sensazione che durante  l’inverno le figure, comprese quelle umane, si appiccichino a tutto ciò che fa loro da contorno, in maniera netta e precisa, come le figurine di un album. 

Durante l’estate, invece, tutto, compresi noi, è più indefinito, come il burro ammorbidito, e si spalma addosso al circostante.

Anche la luce e il suo modo di invaderci cambiano con le stagioni: essa trafigge la tramontana e si intrufola tra i rami degli alberi come fosse un laser, diritta e chirurgica, in inverno, abbraccia tutte le cose, anche le gocce di sudore, circolare e avvolgente, nella stagione delle magliette bianche e dei gavettoni, come canta super Jova.

In inverno le cose sembrano piatte, il mondo sembra piatto, e quando il sole tramonta non pensi mai che dall’altra parte del mondo, invece, qualcuno sta guardando l’alba. D’estate sì, d’estate le cose sembrano rotonde, e che l’oggi sia un tutt’uno col domani, anche se quel domani è di qualcun'altro. 

Ci insegna che ogni cosa va amata per quello che è, per come si manifesta, perché la sua manifestazione è il modo per dirti che c’è.

Poi ovvio, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, come tra il grecale del cazzo  di gennaio e le mattine dipinte di luglio al mare. 

E fine della storia. 


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