Lo so, sono una donnaccia

Stamani a Livorno c’era un vento incazzatissimo.


Meno di altre volte, e non a trenta gradi sotto zero, ma, insomma, si faceva sentire.


Comunque.


T’attraverso piazza della Repubblica e infilo in via della Pigna d’Oro, facendo una semicurva.


Ma non sola, semicurva con me anche un tipo, che, insomma, gridava: guardamiiiiii.


Un livornese  come se ne incontrano tanti in quella città.

Bello come il suo mare.

Con le spalle squadrate come le sue piazze.

Con due braccia che poteva essere il quinto moro.

Camminava presuntuoso, la faccia abbronzata, biondo con l’aria da biondo, un’aggravante.

Già nudo ad aprile.

Capace profumava anche di biscotti, accidenti a lui.


Una folata di vento ci chiappa e strapazza entrambi. 


Brrrrrr fa lui.

Boia, faccio io.

Non me l’aspettavo, fa lui.

Se te l’aspettavi magari ti mettevi un giacchetto, faccio io.

Ahahah, sei simpatica, fa lui.

Grazie, ciao, faccio io.

Ciao, fa lui.


Finisce così la mia intensa storia d’amore di un venerdì all’ora di pranzo: peccato, poteva essere il mio panino al prosciutto crudo.


Lo so, sono sposata.

Lo so, sono una donnaccia.

Amen.


Abbracciati dallo stesso vento, che immagine leggendaria.


Come Andrea e Giuliano che in  un giorno di pioggia incontrano Licia per caso.

Poi Mirko, finita la pioggia, si incontra e si scontra con Licia e così il dolce sorriso di Licia nel loro pensiero ora c'è.


Ma Mirko era brutto, lui lì no.


E fine della storia


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